L’emanazione delle leggi antiebraiche nel 1938 e l’ordinanza di polizia n. 5 del 30 novembre 1943 con cui la Repubblica Sociale Italiana dispose l’internamento degli ebrei in campi segnarono l’escalation della violenza fascista nei confronti di una minoranza da tempo integrata nel tessuto sociale modenese, ma al tempo stesso diedero il via ad una importante opera di solidarietà e salvataggio che vide partecipe la popolazione locale.
A Modena, in piazza Mazzini, nel cuore del ghetto ebraico creato nel 1638 e chiuso definitivamente nel 1859, si trova la sinagoga ottocentesca progettata da Ludovico Maglietta. Nel vestibolo, una lapide ricorda gli ebrei modenesi morti fra 1943 e 1945.
Proseguendo sulla via Emilia, in piazza Tassoni un’altra lapide ricorda “al tvajol ed Furmajin”, luogo dove il 29 novembre 1938 morì l’editore ebreo modenese Angelo Fortunato Formìggini, gettatosi dalla Ghirlandina per protesta contro l’emanazione delle leggi razziali.
A Nonantola, Villa Emma ricorda il più importante episodio modenese di solidarietà nei confronti di 73 ragazzi ebrei profughi dalla Germania, dall’Austria e dalla Jugoslavia, qui ospitati dal luglio 1942 dalla Delasem (Delegazione per l’assistenza agli emigrati ebrei).
Dopo l’8 settembre il medico Giuseppe Moreali e il parroco don Arrigo Beccari si adoperarono per nascondere i ragazzi presso una ventina di famiglie locali e successivamente organizzarne la fuga in Svizzera, dove trovarono la salvezza.
Per la loro coraggiosa azione, Moreali e don Beccari nel dopoguerra furono riconosciuti dallo Yad Vashem come Giusti tra le Nazioni.
La villa è oggi di proprietà privata e quindi non visitabile, ma la Mostra permanente su Villa Emma in via Roma 30-32 ripercorre la vicenda con immagini e documenti.
Dal 2004 la Fondazione Villa Emma è l’ente preposto a promuovere la ricerca storica, la didattica e le iniziative culturali, oltre a gestire la mostra stessa.
Finale Emilia offre soprattutto la possibilità di visitare, oltre al ghetto situato nell’area delimitata da via Trento Trieste e via Torre Portello, il più antico cimitero ebraico della provincia (e della regione), situato in vicolo Gozzoli.
Le lapidi visibili sono 57, anche se si presume che le sepolture, a partire dal 1600, siano in totale un migliaio. Anche Finale vanta un Giusto tra le Nazioni: il parroco don Benedetto Richeldi, che tra 1943 e 1944 salvò una dozzina di ebrei dalla deportazione, prima nascondendoli presso famiglie locali, poi organizzandone la fuga in Svizzera con documenti falsi. Nella sezione ebraica del Museo del Territorio, oggi non accessibile a causa del sisma del maggio 2012, oltre alla storia della comunità sono ricordati gli ebrei finalesi vittime delle leggi razziali e della Shoah e l’opera di salvataggio di don Richeldi.
Il titolo di Giusto tra le nazioni è il riconoscimento conferito dal memoriale Yad Vashem, l’Istituto per la rimembranza dei martiri e degli eroi dell’Olocausto, ai non ebrei che si sono prodigati per salvare almeno un ebreo dalla deportazione.
Oggi sono più di 23.000 nel mondo, 484 in Italia. La provincia di Modena ne conta finora otto: don Arrigo Beccari, i coniugi Sisto Gianaroli e Alberta Seruti, Odoardo Focherini, Antonio Lorenzini, Giuseppe Moreali, don Benedetto Richeldi, don Dante Sala.
Grazie alla loro attiva solidarietà e al supporto di una rete di persone, decine e decine di ebrei furono nascosti, nutriti, aiutati a fuggire o ad assumere false identità per evitare la cattura e la deportazione.
Alcuni fra i Giusti modenesi furono perseguitati dal fascismo, ricercati o incarcerati; Odoardo Focherini pagò la sua azione con la deportazione e la morte, avvenuta nel campo di Hersbrück nel dicembre 1944.
data di creazione: | lunedì 11 agosto 2014 |
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data di modifica: | lunedì 18 agosto 2014 |